… “No, invece. E per l’amor del cielo, smettila di chiamarmi Ethan. Non sono Ethan, per te” brontolo.
“Hai ragione. Non sei nessuno, per me”, ribatte lei con voce ferma.
Cazzo questa fa male …
Oggi desidero legare due estratti che mi hanno colpito particolarmente e che, anche se posizionati in momenti differenti del testo e contesti moooolto diversi, penso possano raccontarci tanto dei nostri amici e di quell’insegnamento nascosto tra le righe.
… “Fingiamo tutti, in continuazione. L’importante però, è recitare la parte giusta”, afferma, puntando lo sguardo di fronte a sé. …
Ditemi lettoriiii quante volte avete alzato lo sguardo mascherato da quella barriera creata dal tempo, dai titoli che accompagnano il vostro nome, dal bisogno di dimostrare piuttosto che essere?
Vi è mai venuta voglia di allentare la presa? Abbandonare la corazza e lasciarvi andare a qualcosa di diverso, insolito… qualcosa che inaspettatamente potrebbe dimostrare una certa sintonia con gli altri, con coloro che ogni giorno si nascondono dietro arroganza e rabbia pur di scappare da se stessi.
Sì… non ho mai pensato che l’unica fuga sia legata al mondo esterno, a quello che ci viene imposto o che dobbiamo assecondare “perché così è”.
La paura può essere anche riflessa nello specchio, in quell’immagine ogni minuto che passa più pesante da osservare, condividere e sopportare.
Forse per questo ci si crea l’altra identità, l’altro nome, l’altra immagine da mostrare, le altre parole da usare.
Un altro che siamo sempre noi alla fine ma non del tutto… non siamo pronti ad accettarci.
E perché? Ci avete mai pensato?
Forse perché non siamo fatti per essere uno ma per divenire un’unica realtà come ci insegna un certo cartone firmato Disney.
Solo con qualcuno che nella sua diversità e uguaglianza riesce a leggere l’intero ci si può innamorare di quella fusione.
Di quell’essere titolo e persona. Un unico nome. Un’unica versione più e meno composta in base alla necessità che nel nostro romanzo viene descritta con attenzione dove necessario senza mai appesantire il lettore attratto da una storia d’amore nata per dovere ma crescita per volere… certo forse con qualche aiutino esterno… ma meglio così.
Se non ci fossero stati i nostri amati personaggi secondari, principe e principessa si sarebbero mai trovati a far sognare il bambino nel nostro cuore?
Chissà… forse tutto è destino o forse no… forse siamo realmente noi artefici del nostro futuro, delle volontà, delle emozioni nate inaspettatamente da ricordi condivisi senza un fine preciso.
Di scene esilaranti e commoventi. Di momenti imbarazzanti e ingiusti.
Sì, esatto! La voglia di mandare tutti e due a fare una passeggiata a un certo punto nasce spontanea nel lettore che grazie ai loro dialoghi incalzanti, a una scrittura dettagliata e scorrevole narrata in capitoli medi e brevi con punto di vista alternato al presente senza un ordine ben preciso, non riesce a distogliere l’attenzione da quella favola moderna eppure da “c’era una volta…”
Una favola che fa sognare e riflettere. Che travolge con il suo stile frizzante e con quei caratteri che chiedono solo di essere letti oltre la maschera, oltre le divise da bravi figli e sovrani. Oltre ciò che vuole l’etichetta e le regole perché come ci ricorda sempre il nostro caro Ethan Bradley Alexander Begum, principe di Kelson, le regole sono fatte per essere infrante.
E voi??? Che dite? Meglio la sua teoria o la deliziosa razionalità e compostezza della principessa Alyssa, dal manto scuro come la notte e dagli occhi luminosi come le stelle?
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