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Recensione - Polvere tra i raggi del sole. Stefania Fiorino

Immagine del redattore: D’Inchiostro RosaD’Inchiostro Rosa


“Bisogna aver la forza di raccogliere le proprie scarpe e ripercorrere a ritroso il percorso che ci ha cambiato per sempre, per renderci conto che forse il passato non è così insormontabile. Soprattutto se io sarò lì a tenerti per mano.”


È soprattutto sull’ultimo passaggio che desidero soffermarmi per la profondità del suo significato.


Pensateci lettoriiii: cosa facciamo quando abbiamo al nostro fianco un bimbo? Non teniamo la sua mano? E quando il nostro nonnino ha bisogno di scendere le scale o attraversare la strada? Le nostre braccia sono strette alle sue.


Quando una donna partorisce, ha bisogno di stringere la mano al proprio/a compagno/a.


Stessa cosa vale quando il nostro amico peloso ha timore del bagnetto o del veterinario.


Infine, se la/il nostra/o best friend soffre, esulta, si arrabbia, inciampa siamo pronti a tenere le nostre dita per incastrarle alle sue, a quei fragili prolungamenti ossei che con un solo colpo potrebbero spezzarsi provocando un dolore lancinante fisico e nella memoria.


Così accade quando a frantumarsi è il cuore di figure descritte con cura in questo romanzo narrato al passato dalla nostra prima protagonista Deb tranne per quei capitoli speciali, di mezzo, narrati da un compagno di viaggio che, insieme a tanti altri, ci aiuterà a vivere un’esperienza a 360 gradi.


Infatti forse commetto un errore parlando di Deb come figura principale. Per correggermi, desidero presentarvi un banale paragone:


Deb è come la punteggiatura.


Uno scritto può stare anche senza. Siamo così abituati a leggere dando l’intonazione naturale ma quanto è importante quell’insieme di simboli perché la nostra mente comprenda il concetto?


Ecco, Deb ha questo compito all’interno di quei capitoli medi in prima pagina caratterizzati da un contrasto significativo di oscurità e luce donata dalle chiazze che, nelle pagine precedenti al capitolo e in quelle dedicate a frasi, dediche, e ulteriori note, si trasformano in fiori.


Fiori che nella nostra storia sbocciano inebriando con il loro profumo e la bellezza dei loro colori.


Fiori delicati che pregano di essere accettati nella loro fragilità, di essere curati con qualche attenzione e nulla più.


Di non essere abbandonati ad appassire, in balìa delle raffiche di vento, del freddo pungente e del caldo torrido.


Fiori che come la punteggiatura sono fondamentali per comprendere i volti di questo racconto e il legame tra questi, tra gli eventi crudi, raccapriccianti, di sofferenza e rabbia ma anche di rinascita, spensierati e pieni di amore.


L’amore che si dimostra quotidianamente nell’esserci quando ogni neurone dice il contrario, di comprendere anche quando si vorrebbe dimenticare, di mettersi in azione per il bene di chi si vuole bene.


Stefania ci porta a vivere un romanzo fatto di alti e bassi, come la vita di tutti i giorni.


Di trascorsi che devono necessariamente essere ripercorsi per guardare avanti, per tornare a sorridere davvero, per raccogliere un insegnamento per noi e per gli altri… coloro che ci vedono affrontare le sfide, crescere nonostante tutto e respirare a pieni polmoni.


Un romanzo che oltre a dialoghi profondi e descrizioni dettagliate racchiude la violenza nelle sue molteplici sfaccettature, la depressione, da un estremo all’altro, il coraggio dei genitori, delle donne e degli uomini in grado di continuare a camminare, l’eleganza del ballo come sfumatura d’insieme e infine dell’amicizia in grado di interpretare le onde oltre le iridi fatte di luce e polvere.


Durante la lettura ci vengono donate brevi curiosità sui fiori citati. Inoltre è consigliato l’ascolto dei brani citati e presentati a fine romanzo, insieme alle ulteriori opere dell’autrice.




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