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  • Immagine del redattoreD’Inchiostro Rosa

Recensione ~ Papavero Nero


“Il mondo umano era già troppo arso dalla criminalità ed ero stata convinta che i vampiri delle ultime generazioni, proprio perché sapevano cosa volesse dire essere il mostro della situazione, fossero migliori. Invece, non avevano mai smesso di essere dei papaveri neri.”


In questa frase c’è tanto su cui riflettere non credete?

Ogni volta che mi soffermo a leggerla i miei occhi affrontano con nuova luce tanti aspetti diversi, individuali e sociali, reali e fantasiosi.


Meg è la nostra voce narrante, la nostra protagonista indiscussa di un viaggio accaduto a distanza ravvicinata.


La immagino seduta nel portico della sua casetta in montagna a rammentare l’anno passato, gli eventi sconvolgenti, i cambiamenti delle persone che ama e di se stessa.


Dodici mesi che sembrano essere stati dodici secondi per quel coinvolgimento emotivo che non vuole estranei, si appropria della mente, dei pensieri, delle parole e della quotidianità di tutti gli attori più e meno principali.


Megara ci incatena con le sue iridi cioccolato e il profumo che ha sempre tentato di mascherare per protezione, per terrore.


Quanto può essere distruttiva una parola, un’occhiata significativa…


In una cittadina come Modena, valorizzata nel giusto limite della narrazione, immaginario, realtà, mistero si fondono vedendo camminare gruppetti misti di vampiri e umani intenti a conversare, mangiare, scherzare, litigare e studiare.


A distanza nessuno, neanche l’occhio più attento riuscirebbe a identificare chi appartiene a quale categoria perché sono lì, dinanzi ai nostri occhi, con il vestiario di tutti i giorni, le preoccupazioni solite dell’età, la voglia di scoprire il mondo, abbandonare gli orrori e talvolta giocare all’investigatore spaventati per il proprio essere e per quello dei cari amici.


Loro… nel cuore legati da turbamenti così simili che cozzano con la meraviglia esterna, con le note intense del papavero.


Loro che come ogni ragazzo si sentono fragili, forti, impotenti e invincibili.


Loro non sono altro che pedine di un gioco chiamato esistenza. Uguali nella diversità. Difettosi nei limiti delle possibilità. Coraggiosi quando richiesto.


Renderli stampini, esseri senza cuore, umanità, ricordo… a cosa porta?


Semplicemente ad altra sofferenza, alla bufera di vento tanto potente da strappare un intero campo ammaliante.


“…per distruggere il male che divora il mondo c’è bisogno di ricordare.”


In questi giorni si è parlato tanto di “ricordo” in più occasioni… perché non inserire anche questo libro in quel flusso di riflessioni dolce amare?


Con la sua nota fantasy e reale ci vuole tenere con i piedi per terra, in un mondo dove il diverso, sia esso un vampiro spinto dall’evoluzione a modificare i suoi istinti, un licantropo più legato alla vita nei boschi che alla forma umana, un tizio che cammina cantando una serenata o ciò che volete voi, non deve essere etichettato come “mostro” o “errore della natura” o peggio “forza potente e invincibile” bensì come ricchezza.


Siamo tutti uguali e diversi come i capitoli brevi di questo libro insicuro tra il dolore del passato e l’orrore del presente… tra i ricordi e la narrazione in prima persona per quell’epilogo che ha bisogno di essere continuato, di scoprirsi in un nuovo presente come l’evoluzione della specie, i caratteri dei nostri amici e le scelte di questi… forse non sempre comprensibili ma che chiedono di essere accettate per ciò che sono e per la capacità di far rinascere chi le compie.



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